Elio racconta la sua storia


Sono un uomo personalmente “colpito” dai “segni soprannaturali”; segni che, allorquando sono diventati più chiari e quindi più leggibili col cuore, hanno suscitato in me una metamorfosi interiore accompagnata da una gioia indescrivibile. Non si tratta, però, della gioia sensibile, ma del godimento intimo e profondo dell’anima mia, che sa apprezzare tutto questo alla luce divina.
Premetto che, da bambino, ho fatto regolarmente la Prima Comunione. Ho continuato a comunicarmi per alcuni anni ancora, ma ad un certo punto ho deciso di smettere. Da quel momento sono andato in chiesa rarissime volte, ma solo per ammirare le opere d’arte ivi custodite o per “dovere” in occasione di matrimoni e funerali.
La mia storia ha inizio nel 1968, durante il servizio militare di leva. Un giorno, mentre io e i soldati della mia squadra eravamo schierati nel piazzale della caserma, pronti ad iniziare la marcia, è arrivato il cappellano militare per informarci che avevamo la possibilità di farci cresimare dall’arcivescovo di Latina-Terracina; ed ha aggiunto che gli interessati dovevano contattare la propria famiglia per farsi spedire un certificato di battesimo. Nel frattempo, dovevano scegliersi un padrino.
Dopo aver riflettuto a lungo su questa opportunità, ho deciso di farmi cresimare; quindi, giunto il giorno prestabilito, sono andato anch’io dall’arcivescovo. Conclusasi la cerimonia, ho sentito il bisogno di restare da solo per meditare su ciò che era successo, per cui, appena siamo rientrati in caserma, mi sono appartato. Venuta la sera, mentre tutti gli altri si trovavano il “libera uscita”, io son rimasto sdraiato sul mio lettino. Ho fantasticato per tutta la notte.
Il giorno dopo, mi sono recato nella chiesetta della caserma: era la prima volta che lo facevo. Ho intrattenuto un lungo colloquio col cappellano, e devo dire che la sua dolcezza mi affascinava molto. Gli ho raccontato tutto ciò che sentivo nel mio cuore ed egli, dopo avermi ascoltato con attenzione, mi ha consigliato di mettermi ogni giorno, anche solo per pochi minuti, in preghiera e in meditazione davanti al tabernacolo. Ho seguito il suo consiglio, accorgendomi che, durante il tempo che trascorrevo davanti al Santissimo Sacramento, sentivo una profonda pace interiore. Finché un giorno (era venerdì), mentre guardavo il Crocifisso appeso alla parete della chiesetta, l’ho visto trasformarsi e diventare di carne. Quindi, guardandomi intensamente negli occhi, mi ha parlato così: “Figlio mio, vuoi sacrificarti per me?”. Sono rimasto pietrificato, senza riuscire a dir nulla. Dopo un po’, il Crocifisso è tornato come prima. Il pensiero di ciò che era successo mi ha accompagnato per tutto il giorno e la notte seguente, ma non ho parlato con alcuno di questa cosa.
Giunto il mattino (sabato), sono tornato in quella chiesetta, e il Crocifisso mi ha ripetuto: “Figlio mio, vuoi sacrificarti per me?”. Ancora una volta non sono riuscito a dir nulla.
Il terzo giorno (domenica), Egli mi ha rivolto la stessa domanda; ed io, non riuscendo ancora a parlare, gli ho risposto di “sì” con un leggero cenno del capo. Ma il Crocifisso ha continuato a guardarmi fisso negli occhi, facendomi capire che la mia risposta doveva essere più convinta e decisa. A questo punto ho inspirato profondamente e ho gridato: “Sì!”. Ed Egli: “Se tu vorrai, ti farò diventare mio tempio; e il tempio, lo sai, si costruisce dalle fondamenta”. A questo punto, mentre mi sorrideva, dal chiodo che fissava i suoi piedi alla Croce sono partiti due raggi luminosissimi che hanno raggiunto i miei piedi e li hanno trafitti. Il dolore è stato straziante, mentre sentivo il sangue sgorgare abbondantemente fino a vederlo fuoriuscire dalle scarpe. Ero terrificato. Ad un certo punto l’emorragia si è fermata, ma il dolore diventava sempre più acuto. Camminando a gran fatica, ho lasciato la chiesetta e ho raggiunto la camerata, dove mi sono steso sul mio lettino. Approfittando di un attimo di sollievo, mi son tolto le scarpe e le calze, notando che i miei piedi presentavano ciascuno una trafittura, che dalla parte superiore era piccola, mentre sulla pianta c’era una ferita più larga. Ho fasciato tutto con della carta igienica che tenevo nel mio zaino e mi son messo sotto le lenzuola. Quel giorno non sono andato a pranzare, né a cenare. E’ superfluo dire che non ho dormito per tutta la notte.
L’indomani mattina, non riuscendo a camminare per recarmi al raduno che ogni giorno si faceva nel piazzale per l’appello, ho marcato visita, dichiarando che sentivo “forti dolori alle gambe avendo marciato troppo”. Poi, siccome i dolori (ai piedi e non alle gambe come avevo falsamente dichiarato) si protraevano anche nei giorni successivi, l’ufficiale medico mi ha prescritto una pomata per massaggiare le parti doloranti. Naturalmente non ho neppure stappato il tubetto del farmaco. Trascorsa una settimana, visto che il problema persisteva, il medico ha deciso che avrei dovuto farmi ricoverare all’Ospedale Militare. Il pensiero che si sarebbe scoperta la verità, ma anche lo strazio che provavo per quelle ferite, mi hanno spinto a recarmi ancora nella chiesetta della caserma; questa volta, però, con l’intenzione di chiedere al Signore di far cessare ogni cosa. Non posso descrivere la fatica che ho dovuto sostenere per raggiungerla. Il Crocifisso, che sapeva già tutto, mi ha domandato: “Sei ancora disposto a sacrificarti per me?”. Ma io, nonostante fossi andato lì deciso a gridare il mio “no!”, non ho avuto la forza di rispondergli. Egli, però, leggendomi dentro, ha compiuto ugualmente il prodigio che io (purtroppo!) desideravo: dal chiodo dei suoi piedi si sono sprigionati, di nuovo, due raggi luminosissimi, che hanno raggiunto le ferite dei miei piedi. Questa volta, però, non ho avvertito alcun dolore, anzi, mentre si ritiravano, quei raggi hanno come “risucchiato” lo spasimo e subito non ho sentito più nulla. Tornato in camerata, camminando ormai senza alcun problema, ho tolto le scarpe e le calze, notando che le piaghe erano completamente sparite. Le sofferenze, è vero, non c’erano più; ma da quel giorno si è creato in me un vuoto profondo: mi sentivo un fantoccio di cartapesta!
Sono passati, così, trent’anni: trent’anni in cui –neppure io so dire il perché– ho continuamente e coscientemente rifiutato Dio, dichiarandomi “ateo”; trent’anni di un vuoto incolmabile. Durante gli ultimi anni di questo periodo, Rosa Maria ha pregato incessantemente per la mia conversione, finché un giorno... all’improvviso, il 21 Marzo 1998 il Signore è venuto di nuovo a bussare alla porta del mio cuore. Erano le ore 7 circa: mi trovavo nella mia camera da letto, assieme a mia moglie (Rosa Maria), la quale mi stava aiutando a cercare, nell’armadio, una camicia da indossare, essendo fresco di doccia. A un certo punto, il mio sguardo è stato attratto da qualcosa che si muoveva nella parte bassa di un mobiletto che regge un piccolo televisore. Ho guardato con più attenzione e, con mio grande stupore, ho notato che una statuina, raffigurante la Madonna di Lourdes, si stava, appunto, muovendo. Assalito da un profondo sbigottimento, ho reso immediatamente partecipe dell’accaduto mia moglie, la quale, incredula, mi ha risposto in modo quasi scherzoso. Invece io, che ero convinto di quanto avevo visto, mi sono avvicinato a quella sacra effigie e l’ho presa fra le mani. Il mio stupore è divenuto incommensurabile quando ho visto il viso di quella statuina solcato da lacrime di sangue. L’ho mostrata subito a mia moglie, la quale si è messa a piangere per l’emozione.



Nella foto:  statuina della Madonna che ha lacrimato sangue

Trascorsi alcuni minuti in silenzio, durante i quali abbiamo sentito il cuore scoppiarci nel petto, io e Rosa Maria ci siamo chiesti che cosa era più giusto fare di fronte ad un evento di tale portata. Unanimamente, abbiamo deciso di riferire l’accaduto al nostro parroco (Padre Michele), senza dir nulla ad altre persone. Sulla nostra strada, però, ci siamo imbattuti in un altro sacerdote (Padre Giuseppe), titolare di un’altra parrocchia, e lo abbiamo informato dell’avvenimento. Egli, recatosi a casa nostra, ha preso fra le mani la sacra effigie e l’ha osservata con molta attenzione. Dopo essersi dichiarato convinto che si trattava di un evento soprannaturale, ci ha invitati alla calma, aggiungendo che era assolutamente necessario evitare di diffondere la notizia dell’accaduto. Ha concluso dicendo che bisognava attendere eventuali sviluppi della situazione.
Da quel giorno si è creato in me uno stato d’animo indescrivibile; l’emozione intensa mi aveva scombussolato interiormente. Mia moglie, donna dolcissima e di profonda fede cristiana, da quella data indimenticabile non ha mai cessato di dedicare tutta la sua attenzione a quella statuina, che ella stessa aveva acquistato nel 1994 durante un pellegrinaggio a Lourdes. In quell’occasione, a dire il vero, era già successo qualcosa di “anormale”: il costo della Madonnina era di 20 franchi e, quindi, avendo pagato con una banconota da 50, avrebbe dovuto ricevere di resto 30 franchi; invece si è vista restituire ben 80. Ha fatto notare l’errore al negoziante, il quale non ne ha voluto sapere. Rimasta a disagio, ha riferito l’accaduto ad un sacerdote (guida spirituale della comitiva), il quale l’ha tranquillizzata asserendo che la Madonnina certamente voleva entrare in casa sua senza essere acquistata. E per i 50 franchi in più? Lo stesso sacerdote le ha suggerito di darli come offerta in una chiesa.
Trascorsi cinque giorni da quell’evento straordinario verificatosi in casa nostra, la mattina del 26 Marzo 1998, alle ore 7 circa (curiosa coincidenza!), mia moglie si è accorta che dagli occhi della Madonnina scendevano nuove lacrime di sangue. Cosa abbiamo provato? La stessa forte emozione della prima volta. Siamo corsi dal nostro parroco (il quale, nel frattempo, per bocca dell’altro sacerdote era venuto a conoscenza del primo episodio), portando con noi l’effigie sacra. E quegli, nel vedere il sangue ancora allo stato liquido sul viso della statuina, ha provato la nostra stessa emozione, rimanendone profondamente scosso. Dopo qualche attimo di silenzio, ci ha fatto sapere che era necessario informare dell’accaduto il Vescovo della nostra diocesi (S.E. Mons. GianCarlo Maria Bregantini).
Quest’ultimo ha immediatamente conferito a due sanitari dell’Ospedale Civile di Locri l’incarico di effettuare il prelievo e l’analisi del liquido fuoriuscito dagli occhi della Madonnina. Si è così saputo che si trattava di “sangue umano completamente privo di emoglobina”, cioè mancante della sostanza indispensabile per il trasporto di ossigeno ai tessuti corporei. Questo risultato, secondo gli esperti, dimostra che trattasi di un evento “straordinario”, ovvero “inspiegabile” dal punto di vista scientifico, a cui si aggiunge il mistero del colore del sangue, che necessita dell’emoglobina per assumere la colorazione rossa. Mons. Bregantini, convintosi della veridicità dei fatti, da quel momento mi ha seguito con molta attenzione per dieci anni (fino al suo trasferimento all’arcidiocesi di Campobasso) guidandomi e consigliandomi con amore di “padre” assieme a Padre Michele.
A seguito di questi fenomeni soprannaturali, per me e per i miei familiari ci sono stati giorni di grande sconvolgimento interiore. Inoltre, ogni notte avvertivo un profondo malessere generale, e le mani mi bruciavano al punto che ero costretto ad immergerle nell’acqua fredda per trovare un po’ di sollievo. Attribuivo tutto ciò al particolare stato d’animo in cui mi trovavo.
Quella fra il 2 e il 3 Aprile è stata per me una nottata terribile: al bruciore si è unito un dolore lancinante alle mani. Credevo di impazzire. Solo per pochi minuti ero riuscito ad assopirmi, all’inizio della lunga notte, e ho sognato la Madonna che mi ha detto: “Vorrei che tu somigliassi a mio Figlio”.
Finalmente è giunta l’alba ed io, come ogni mattina, mi sono recato nella “toilette”. Mentre mi lavavo le mani, mi sono accorto che l’acqua si tingeva di rosso; guardandomi, quindi, le palme, ho scoperto di avere due ferite a forma di croce e sanguinanti. Non mi sono reso subito conto di cosa si trattasse, pensavo a qualcosa di brutto, forse una malattia; sono andato da mia moglie, che ancora si trovava a letto, la quale, emozionantissima, mi ha fatto notare che quelle erano “stimmate”.
In principio rifiutavo di accettare queste cose. Ciò dipendeva dal fatto che io non ero semplicemente agnostico, vale a dire “indifferente” nei confronti delle cose divine, ma addirittura provavo un senso di avversione, c’era in me un vero e proprio rifiuto di Dio. Ma poi, in poco tempo, è avvenuta la mia “conversione”, che mi ha fatto raggiungere una serenità d’animo indescrivibile.
Dapprima lievi, le ferite sono divenute profonde col trascorrere dei giorni. Quella sulla mano destra si presentava come una piccola croce con un foro al centro, che si è fatto man mano più largo e profondo, fino ad apparire come un foro prodotto da un grosso chiodo. La ferita sulla mano sinistra aveva la forma di una croce più grande. Le stimmate, naturalmente, provocavano un forte dolore, tanto che riuscivo ad utilizzare le mani con grande difficoltà.
Il 9 Aprile (Giovedì Santo) ho trascorso una mattinata piuttosto serena, sia fisicamente che interiormente. Nel pomeriggio, invece, un improvviso malore mi ha costretto a letto. Verso sera mi son dovuto alzare, a gran fatica, per aprire il portone di casa a mia moglie che tornava dalla Santa Messa; subito dopo mi sono sdraiato sopra un divano: mi sentivo distrutto. Rosa Maria, ad un certo punto, mi ha suggerito che sarebbe stato meglio mettermi a letto, vicino alla nostra Madonnina, che nel frattempo era stata collocata sopra uno scrittoio, anch’esso situato in camera da letto. Trascinandomi a fatica, sono giunto davanti alla statuina. Più tardi, poi, mentre mi trovavo in preghiera assieme ad altre persone, tutti quanti abbiamo provato una forte emozione nel constatare che la sacra effigie stava piangendo per la terza volta. Anche in questo caso ho pensato di avvertire il parroco e, quindi, il vescovo. Quelle lacrime sono scese fin sotto il mento della Madonnina.
Il giorno seguente (Venerdì Santo) mi sono accorto di avere sulla fronte una serie di minuscoli graffi. Più tardi, mentre mi recavo al lavoro nel mio ufficio, quei piccoli segni sono diventati delle ferite sanguinanti, come se stessi portando una corona di spine.
Nel pomeriggio, tornato a casa, le mie ferite si sono accentuate e provavo dolori lancinanti. Mi sono messo a letto. Pian piano, quel forte dolore paradossalmente era diventato una sensazione molto piacevole. Alle ore quindici in punto, improvvisamente ho chiuso gli occhi, ho reclinato il capo e sembravo come morto. Il mio cuore in effetti non batteva più, come è stato constatato dai presenti. Dopo qualche minuto, ho riaperto gli occhi e ho notato che le stimmate erano scomparse.
Il Sabato Santo, trovandomi in ufficio, provavo un certo senso di vomito. Son tornato a casa con gli stessi sintomi. Non ho voluto pranzare. A un certo punto, mi son sentito come ubriaco; vedevo la mia casa capovolgersi. Mi son messo subito a letto e ho dormito pochi minuti. Risvegliandomi, ho sentito un forte desiderio di scrivere qualcosa; ho pensato che, forse, mi era venuta l’ispirazione per comporre la mia ennesima poesia. Messomi seduto, con carta e penna, davanti alla Madonnina, ricordo di aver avvertito un freddo intenso e di essermi subito infilato sotto le coperte, senza scrivere nulla. Invece, secondo quanto ho saputo più tardi dai miei familiari, che avevano assistito alla scena, prima di mettermi a letto sono caduto in “trance” e, in quello stato di “incoscienza”, ho scritto due frasi in latino (lingua per me quasi sconosciuta). Come mi è stato poi riferito da Padre Michele Ceravolo, la prima frase costituisce una sintesi della Prima Lettera di San Pietro ai fedeli (“Resistite fortes in fide et vigilate”, cioè “Resistete saldi nella fede e vigilate”); la seconda, invece, fa parte del 14° Salmo di Re Davide (“Qui ingreditur sine macula non faciet proximo suo malum”, cioè “Chi cammina senza peccato non fa alcun danno al suo prossimo”). Naturalmente, il vescovo è stato informato anche di questo episodio.
Il 14 Aprile, alle ore 7 circa, cioè allo stesso orario in cui erano avvenute le due lacrimazioni della Madonnina, ho sentito un forte desiderio di pregare. Quindi ho invitato mia moglie a recitare una preghiera assieme a me. Rosa Maria si è commossa nel vedermi recitare l’ “Ave Maria” con grande trasporto, ed ha pianto di gioia. Da quel giorno ho iniziato a dedicare molto tempo alla preghiera.
Nella notte tra venerdì 17 e sabato 18 Aprile ho avvertito la presenza, accanto al mio letto, di Padre Pio. Sentivo su di me il suo sguardo dolce e penetrante allo stesso tempo. Nel pomeriggio del 18 aprile, dopo una mattinata di forti dolori alla testa e al petto, mi sono sdraiato sul letto. A un certo punto, verso le ore 16, la camera si è inondata di un intenso profumo di violette: Padre Pio era tornato; lo sentivo accanto a me. Ho chiamato i miei familiari, assieme a una nostra parente venuta dagli U.S.A. (zia Mirella), i quali hanno potuto sentire il profumo che distingueva il frate di Pietrelcina. Abbiamo recitato qualche preghiera.
Dopo un paio d’ore, lo spirito di Padre Pio non c’era più. L’olezzo nell’aria era andato man mano svanendo, mentre per qualche ora è stato il mio corpo ad emanare un lieve profumo. Da quel giorno, spesse volte dal mio petto e/o dalle mie mani si elevava un gradevole odore di violette e, soprattutto, di rose.
Il 19 aprile, per la prima volta dopo tanti anni, sono andato a Messa e ho pregato un poco. Provavo un gran disagio, perché sentivo gli occhi della gente puntati su di me. Ho seguito le funzioni con scarsa partecipazione; non sono riuscito a capirne molto.
Dopo due giorni, in auto, ho pregato il Signore e la Madonna con parole spontanee, che mi uscivano dal cuore. Ho provato una gioia infinita. Da quel giorno mi dedico spesso alla preghiera spontanea. Ho pure iniziato a leggere la Bibbia.
I
l 26 Aprile sono andato di nuovo a Messa. Prima della funzione, mi son fatto spiegare dal parroco il significato delle varie parti della celebrazione, per poterla seguire meglio. Questa volta, infatti, ho seguito la funzione con maggiore partecipazione. Ho ascoltato le parole del sacerdote con molta attenzione. Mentre la gente si avvicinava all’altare per ricevere la comunione, il mio cuore ha iniziato a battere fortemente e ho avvertito dei brividi per tutto il corpo.
Il 29 Aprile provavo un bruciore nella parte bassa destra del costato; alzatomi la camicia e la maglia interna, ho notato che quella parte era molto arrossata. L’indomani, avendo avvertito un bruciore più forte e un gran dolore al costato, ho guardato e ho notato che in quell’area mancava la cute, come se mi avessero scorticato. Durante tutta la giornata ho continuato a sentire un gran dolore al costato. La sera, andando a letto, ho notato che la mia maglia interna era macchiata di sangue.
Nella notte fra il 30 Aprile e il 1° Maggio (1° Venerdì del mese), verso le ore 1.30, non riuscendo a dormire ho recitato qualche preghiera assieme a Rosa Maria. Trascorso qualche minuto, ho sentito una mano che mi sbottonava la giacca del pigiama; essendo al buio, ho pensato che fosse mia moglie. Subito dopo, però, ho sentito come degli artigli che mi hanno aggredito con molta violenza. Ho intuito che si trattava del “maligno” e sono saltato giù dal letto urlando: “Via, via! Vai via!”. Rosa Maria, spaventata, mi ha chiesto cosa stesse succedendo; le ho spiegato che ero stato aggredito dal diavolo. Dopo aver recitato alcune preghiere contro Satana e il Santo Rosario, mia moglie mi ha chiesto di accendere la luce. Con grande stupore abbiamo notato alcune lacerazioni sul tessuto della mia maglia interna. La meraviglia più grande, però, è stata quando abbiamo scoperto che il sangue fuoriuscito dalla ferita al costato aveva “disegnato” sull’indumento il volto di Gesù.
Il 7 Maggio, nella notte, Satana ha messo in atto un’altra delle sue tentazioni: ad un tratto mi è venuto un forte desiderio di bestemmiare ad alta voce (preciso che non ho mai bestemmiato in vita mia). Ho subito iniziato a pregare, così ho sconfitto il maligno.
Dopo qualche giorno è venuto a trovarmi Padre Michele. Egli mi ha detto che era ormai giunta per me l’ora di accostarmi al Sacramento della Comunione. Pertanto mi sono confessato, ricevendo l’assoluzione di tutti i peccati.
L’indomani mi sono recato, assieme al Gruppo del M.A.S.C.I. di Gioiosa Jonica, in località “Zervò” sull’Aspromonte, presso una comunità di tossicodipendenti e persone che soffrono per i problemi più vari. Lì avrebbe dovuto esserci un sacerdote del M.A.S.C.I., dal quale avrei dovuto ricevere la mia “vera” Prima Comunione; ma, a causa di un imprevisto, egli non era venuto. Dio ha voluto, però, che fosse presente Don Pierino Gelmini, fondatore di alcune comunità, tra cui quella di Zervò, dove si reca soltanto un paio di volte all’anno; egli ha celebrato la messa in sostituzione del sacerdote assente e da lui ho ricevuto la Santa Comunione. Ho anche avuto modo di intrattenermi con Don Pierino nel pomeriggio dello stesso giorno.
Nel frattempo, la mia casa si è trasformata in un vero e proprio Cenacolo di Preghiera, con la recita quotidiana del Santo Rosario. In seguito, poiché le persone che venivano a pregare erano sempre più numerose, abbiamo modificato un appartamento a piano terra della nostra casa, trasformandolo in una bellissima cappella, nella quale ancora adesso ci riuniamo tutte le sere per pregare i Vespri e il Santo Rosario. Ogni primo lunedì del mese facciamo l’Ora di Guardia, mentre ogni primo venerdì e tutti i venerdì di Quaresima stiamo tutto il giorno in adorazione davanti al SS. Sacramento; terminiamo la giornata con la Via Crucis. Il giorno 14 di ogni mese iniziamo la preghiera alle ore 15,00 con la recita del Santo Rosario completo. Dopo l’apparizione della Madonna (ore 18,00) facciamo un’ora di adorazione eucaristica, alla fine della quale il sacerdote, coadiuvato da un ministro straordinario, distribuisce le comunioni. Nell’arco dell’anno si fanno anche delle Sante Messe. Il 14 Maggio, in occasione degli anniversari della prima apparizione di Maria, la Santa Messa, cui partecipano numerosissimi pellegrini provenienti anche da altre regioni, si celebra all’aperto. Quest’anno (2008), per il decimo anniversario, l’Eucaristia sarà celebrata sul terreno su cui sorgerà una nuova chiesa, come richiesto dalla Santa Vergine in una delle prime apparizioni.
Proseguendo con la narrazione, ricordo che il 13 Maggio 1998, verso le ore 17.30, ho ricevuto una telefonata, con la quale uno sconosciuto mi invitava a guardare nella buca delle lettere, perché c’era posta per me. Ho guardato, ma non c’era nulla. La mattina del 14 maggio, in ufficio ho ricevuto un’altra telefonata: la stessa voce del giorno precedente, con tono gentile, mi ha chiesto se avessi letto la lettera; naturalmente ho risposto che nella buca non ho trovato alcunché. Quindi mi ha spiegato che egli faceva parte di una setta chiamata “Gli Amici di Satana”, e mi ha invitato ad aderire a quel gruppo. Alla mia risposta negativa, egli mi ha invitato a pensarci bene; se per caso avessi cambiato idea, mi sarei dovuto presentare a mezzanotte in punto di un certo giorno, in una località di montagna indicatami. Qualche giorno più tardi ho saputo che la lettera c’era stata, ma Dio aveva fatto in modo che io non la vedessi (e neanche Rosa Maria, che pure ha aperto la buca). La missiva, infatti, l’ha ritirata dalla buca (ma dopo che avevamo guardato io e mia moglie) l’inquilina dell’ultimo piano, la quale, avendo visto sulla busta il disegno di un teschio, istintivamente l’ha strappata. Immediatamente, secondo il racconto della stessa inquilina, un improvviso forte vento la stava scaraventando a terra, tanto che stava per finire sotto un’auto in corsa. Ha scongiurato il pericolo esclamando: “Mio Dio, misericordia!”. Quel vento, comunque, le ha strappato di mano i frammenti della lettera e li ha dispersi.
Sempre il 14 Maggio di quell’anno, alle ore 20.30, si è verificato uno degli eventi più straordinari di tutta questa storia. Ero da qualche ora tornato dalla Santa Messa, celebrata nella chiesa dell’Annunziata. Dopo aver pregato intensamente (ormai dedicavo molto tempo alla preghiera), nella mia camera da letto mi è apparsa la Madonna, seduta su una poltrona, avvolta in una splendente luce. Immediatamente la camera si è inondata di un intenso profumo di rose. La Santa Vergine, vestita di bianco e scalza, teneva fra le mani una colomba bianca e la accarezzava dolcemente: era una colomba “pavoncella” (tre colombe di questo tipo, come ho saputo poi da mons. Nadile, vicario del Vescovo, sono apparse anche a Fatima). Dapprima sono rimasto pietrificato; poi, senza neppure rendermi conto, mi son trovato inginocchiato ai piedi di quella giovane donna dall’apparente età di 20-22 anni, che mi guardava con i suoi bellissimi occhi color castano chiaro e mi sorrideva. Dopo qualche attimo, con una voce dolcissima e quasi scandendo le parole, mi ha affidato il suo primo messaggio.
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